6 maggio 1976-6 maggio 2018 L’orgoglio di essere friulani, l’orgoglio di essere un popolo che non si arrende davanti a nulla
6 maggio 1976. Alle 21.06 di sera il Friuli trema. Crollano le case, le fabbriche, le chiese, in pochi minuti la vita dei friulani viene distrutta, ogni cosa scompare sotto cumuli di macerie. Resta la polvere, resta la distruzione. L’Orcolat ha inghiotto vita e sogni di questa terra, come un malefico mostro ha distrutto tutto quanto costruito con pazienza e fatica. Resta l’odore acre di morte, dei 989 di noi portati via, l’odore di vite spezzate e di tanti sogni infranti.
Ma è proprio quando pare non esistere più nulla, quando pare non esserci speranza ma solo ruderi e calcinacci, che i friulani dimostrarono di aver salvato la cosa più importante, una cosa che niente e nessuno, nemmeno l’Orcolat può portargli via: l’orgoglio. L’orgoglio di essere friulani, l’orgoglio di essere un popolo che non si arrende davanti a nulla, nemmeno davanti a tragedie immense. “Fasín di besoi“, alle parole e alla disperazione si preferiscono i fatti.
Ed è da qui che partì la rinascita del Friuli. I friulani non fuggirono, non abbandonarono quella terra che li aveva traditi. Si rimboccarono la maniche e pietra dopo pietra, mattone dopo mattone ricostruirono la loro vita. Raccogliere i cocci in silenzio, mentre si trattengono le lacrime, perché non è uomo che si piange addosso, e ora bisogna pensare al futuro, non a quello che è stato.
La piccola grande Patria, come un’araba fenice, risorge dalle sue ceneri. Nulla può spezzare un friulano, nulla gli potrà mai togliere la speranza di ricominciare. Perché un friulano sa che la fatica, il sudore, la determinazione prima o poi pagano. Poco importa se bisogna lavorare come muli fino a tardi ed accontentarsi di una tenda prima e di una baracca poi. È necessario ricostruire ed alzare di nuovo la testa, sempre e comunque, anche se a quattro mesi di distanza un nuovo sisma rimette in discussione tutto, devastando quel poco rimasto. L’importante è rimanere uniti, darsi una mano l’un con l’altro ed attaccarsi a tutto ciò che può strappare un sorriso in mezzo all’inferno.