Artigianato Fvg, perse oltre 3mila imprese e quasi 6mila addetti dal 2006.
A Trieste il calo più contenuto. Aumenta la componente femminile, ma il settore invecchia
Indagine Ires Fvg
Prosegue la diminuzione delle imprese artigiane
Nell’ultimo decennio l’artigianato regionale ha registrato una forte riduzione della propria base produttiva. Il numero di imprese artigiane in Friuli Venezia Giulia è infatti diminuito di oltre 3.000 unità, passando da quasi 31.500 aziende attive nel 2006 a 28.260 nel secondo trimestre del 2018 (ultimo dato disponibile), con una variazione negativa pari a -10,1%. Lo rileva il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo, rielaborati dati Movimprese e Inps. Le province di Pordenone e Gorizia sono quelle che presentano le flessioni più accentuate (rispettivamente -12,3% e -16,3%); solo in quella di Trieste tale dinamica è stata più attenuata (-5,3%).
A metà degli anni Duemila si è interrotta una fase espansiva trainata dal settore edile che, un po’ in tutte le regioni del Nord, aveva provocato una forte crescita del numero di imprese individuali artigiane, molto frequentemente con titolari stranieri. La crisi economica ha successivamente ridimensionato il numero di imprese delle costruzioni, in particolar modo nella provincia isontina; nell’ultimo decennio si osserva inoltre una notevole diminuzione anche nel legno-arredo, nelle produzioni in metallo e nell’autotrasporto. Sono questi i quattro i settori in cui si è concentrata la riduzione delle aziende artigiane.
Nei territori
Nell’anno 2017 erano iscritti alla gestione speciale dell’Inps 37.338 artigiani in Fvg. L’unità di rilevazione è il soggetto che risulta iscritto alla gestione nell’anno di riferimento, anche solo per una frazione di anno. Rispetto al 2006 si osserva una diminuzione di 5.762 unità (-13,4%). Sempre nello stesso periodo la provincia di Gorizia evidenzia la flessione di maggiore entità (-18,9%), Trieste quella più contenuta (-7,2%), in linea con gli andamenti rilevati per le imprese artigiane. La minore vocazione manifatturiera e la maggiore tenuta dell’edilizia nella provincia di Trieste contribuiscono a spiegare tale risultato. La provincia giuliana, con una marcata specializzazione in ambito terziario, ha infatti subito in misura più attenuata le conseguenze negative della crisi, che ha colpito duramente il manifatturiero. La provincia di Trieste è inoltre l’unica in cui negli ultimi anni le imprese nel comparto delle costruzioni non hanno subito una forte contrazione, grazie soprattutto alle attività specializzate nell’impiantistica (impianti elettrici, idraulici, di riscaldamento e condizionamento dell’aria). Tale comparto ha beneficiato delle agevolazioni fiscali legate alle ristrutturazioni e al miglioramento dell’efficienza energetica, ma si possono anche ricordare i controlli periodici obbligatori per legge (ad esempio sulle caldaie domestiche) e le manutenzioni che sono essenziali negli immobili, specie in quelli più vecchi (considerando che il patrimonio immobiliare della provincia di Trieste risulta generalmente datato). Il calo osservato tra il 2006 e il 2017 è comune a tutte le regioni italiane ed è particolarmente accentuato in quelle del Nordest (-15,6%); a livello nazionale si osserva una variazione negativa complessivamente pari a -12,9%.
La componente femminile
I titolari delle imprese artigiane sono prevalentemente maschi, anche se nel tempo la componente femminile ha aumentato il proprio peso, passando dal 18,1% nel 2006 al 20,5% nel 2017. La crisi ha infatti colpito soprattutto i settori a più alta intensità di lavoro maschile, come l’edilizia, alcuni segmenti del manifatturiero, l’autotrasporto. In regione il numero di titolari donne di imprese artigiane si è invece mantenuto costante nell’ultimo decennio, intorno a 7.000 unità; gli imprenditori maschi sono diminuiti del 15% (4.820 in meno). Spesso infatti le donne operano in ambiti che in questi anni sono stati meno penalizzati dalla crisi, come le attività di pulizie e i servizi alla persona (lavanderie, parrucchiere, estetiste). Tra i collaboratori delle imprese artigiane il rapporto tra i generi è più equilibrato; in questo caso la flessione maggiore ha riguardato le donne (-27,5% contro -18,4%).
Un settore che invecchia
Dall’esame dei dati suddivisi per classi di età appare evidente l’insufficiente ricambio generazionale che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Gli artigiani con meno di 40 anni sono complessivamente diminuiti di 7.600 unità in regione, in particolare nella fascia compresa tra 30 e 39 anni (6.000 in meno), mentre crescono sensibilmente gli over 50 (circa 3.300 unità in più). In particolare tra il 2006 e il 2017 è raddoppiato il numero di artigiani con 70 anni e più, passati da 755 a 1.575. Tali dinamiche rispecchiano in parte il più generale invecchiamento della popolazione regionale e sono comuni anche al mercato del lavoro esaminato nella sua totalità.
La diminuzione del numero degli artigiani operanti in Fvg e il contributo sempre più contenuto delle coorti più giovani si possono infine anche desumere, in termini di flusso, dall’esame delle nuove iscrizioni che ogni anno vengono effettuate alla gestione speciale Inps. Anche il numero annuale di iscrizioni alla gestione speciale Inps risulta infatti in forte discesa nel tempo, essendo progressivamente diminuito da 2.200 unità nel periodo 2006-2007 a 1.242 nel 2016. Nel 2017 si rileva comunque una leggera inversione di tendenza (+128 nuove iscrizioni rispetto all’anno precedente, per un totale di 1.370). Nonostante un ricambio generazionale sempre più debole, infatti, esistono alcuni ambiti interessati da promettenti correnti di innovazione che coinvolgono soprattutto le generazioni più giovani, si pensi alle potenzialità delle nuove tecnologie e al cosiddetto artigianato digitale. Inoltre negli ultimi anni si rilevano delle dinamiche positive nell’ambito dei servizi alla persona, anche in relazione ad attività professionali che si sono affermate in tempi relativamente recenti, come quelle relative a tatuaggi e piercing.
Chi sono gli artigiani
Per “artigiano” si intende il lavoratore autonomo di una impresa artigiana. L’impresa è artigiana quando svolge attività di:
• produzione di beni (anche semilavorati) o vendita di materie prime non confezionate per l’utilizzo finale (prodotti in legno o in ferro non rifiniti);
• prestazioni di servizi (imprese di facchinaggio, di pulizia, tintorie, barbieri, parrucchieri, tassisti, autotrasportatori e altro). Sono escluse le attività agricole e commerciali.
L’attività artigiana deve essere svolta prevalentemente con il proprio lavoro e con quello dei familiari coadiuvanti e deve essere di tipo manuale, cioè non può limitarsi alla sola organizzazione del lavoro e all’amministrazione dell’impresa. La legge pone inoltre dei limiti al numero dei dipendenti che possono lavorare nell’impresa artigiana, variabili a seconda del tipo di attività svolta.
L’evoluzione dell’artigianato regionale può essere osservata anche analizzando i dati relativi alle persone iscritte ai fini pensionistici alla gestione speciale dell’Inps, ossia:
• i titolari delle imprese artigiane: coloro i quali partecipano, con carattere di abitualità, di professionalità e di prevalenza rispetto ad altre eventuali occupazioni, al lavoro, anche manuale, all’interno dell’impresa, assumendone la piena responsabilità e gestione;
• i familiari coadiuvanti: coloro che lavorano nell’impresa con carattere di abitualità e prevalenza. Sono considerati familiari il coniuge, i parenti entro il terzo grado (genitori, figli, fratelli, nipoti, zii del titolare), gli affini entro il secondo grado (suoceri, genero, nuora e cognati del titolare).