CRO di Aviano: avviata la sperimentazione su Bestest, nuova metodologia d’indagine ossea unica in Italia
Si chiama Bone Elastic Structure Test (BESTEST) il metodo – nuovo ed unico in Italia – in grado di analizzare le proprietà meccaniche della micro-struttura interna dell’osso partendo da un’immagine radiografica, simulando l’applicazione di carichi sulla biopsia virtuale ottenuta. Il BESTEST, messo a punto da Francesca Cosmi dell’Università di Trieste (Dipartimento di Ingegneria e Architettura) testato in collaborazione con Silvana Saracchini della Struttura Operativa Complessa di Oncologia Medica e Prevenzione Oncologica del CRO di Aviano diretta dal professor Fabio Puglisi, contribuirà a fornire preziose informazioni a integrazione dell’analisi densitometrica, soprattutto in presenza di fratture (sono intese in questo caso anche le microfratture o le fratture morfometriche asintomatiche).
I PAZIENTI DESTINATARI. Destinatari del BT sono i Pazienti sottoposti a trattamento terapeutico endocrino a seguito di carcinoma della mammella (in pre e post-menopausa) e della prostata. «Queste cure – spiega Saracchini – hanno tutte, seppur in misura differente, un impatto negativo sull’osso in quanto, bloccando la produzione di estrogeni e androgeni, aumentano il turnover osseo e quindi il rischio di frattura».
Nelle donne in pre-menopausa, quindi giovani e con lunga aspettativa di vita, non sono noti tali rischi a lungo termine «ciò nonostante – aggiunge ancora Saracchini – abbiamo constatato che la deprivazione estrogenica può portare ad una rapida perdita di massa ossea e a fratture fin dai primi mesi di trattamento». Nelle Pazienti in post-menopausa l’aumento del rischio di frattura constatato è di circa il 10%. Più di recente l’approvazione ad estendere le terapie con inibitori dell’aromatasi da 5 a 10 anni, a fronte di un miglioramento della sopravvivenza libera da malattia e minor incidenza di carcinoma mammario controlaterale, ha incrementato il rischio di frattura dal 9% al 14%. Negli uomini, invece, il tasso di perdita ossea oscilla tra il 4 e il 5% nella colonna vertebrale lombare durante il primo anno di terapia – molto più elevato di quello di un uomo di età simile. In media vi è un intervallo tra l’1.5 e il 5% di perdita ossea in base al sito scheletrico considerato.
PERCHÈ BESTEST. L’esigenza di ideare una nuova metodologia di indagine scaturisce principalmente dal fatto che densitometria ossea (o BMD, Bone Mineral Density), la densità minerale dei Pazienti sottoposti a terapia messa a confronto con quella media di soggetti adulti sani nell’ambito del test diagnostico designato per la rilevazione dell’osteoporosi (il DEXA), «non rappresenta – commentano Cosmi e Saracchini – un indice perfetto e del tutto affidabile per la determinazione del rischio di frattura». Nei Pazienti oncologici, infatti, non è stato ancora ben definito il valore soglia della BMD: questo perché valori normali o solo modestamente alterati, non escludono la presenza di fratture/microfratture e più della metà delle fratture da fragilità colpisce persone che non rientrano nella diagnosi di osteoporosi. La resistenza ossea ai traumi, infatti, non dipende solo da fattori quantitativi, come il contenuto di minerali, ma anche da fattori qualitativi, come la geometria e la micro architettura trabecolare. «Negli anni – concludono – la definizione di osteoporosi si è quindi gradualmente spostata da una malattia a bassa densità ossea a quella di elevata fragilità ossea».
I RISULTATI DELLO STUDIO. BESTEST è stato utilizzato su 100 donne di età superiore a 20 anni, in trattamento antiormonale per carcinoma della mammella nell’ambito dello studio pilota iniziato nel 2017 al CRO denominato TAO (Trabecular Alterations in Oncology). «Abbiamo esaminato i dati provenienti da un gruppo di controllo rappresentato da 200 donne sane che si erano sottoposte al BESTEST – precisa l’équipe di studio. All’interno del gruppo di controllo, 30 donne (15%) riportavano una pregressa frattura su base osteoporotica». Le ulteriori prospettive di impiego del BESTEST in Oncologia sono oggetto di un più ampio studio che ha proprio nell’Istituto Nazionale Tumori di Aviano il suo capofila. Va proprio in questa direzione la domanda di Cosmi di trascorrere al CRO sei mesi di sabbatico come Senior Visiting Scientist.