I teatri dell’anima: nel Friuli occidentale un festival che porta il teatro nelle chiese
In programma 8 spettacoli gratuiti fino al 4 gennaio
Prima tappa a Pordenone il 12 dicembre con l’intenso Questo è il mio nome con in scena attori rifugiati
Opere teatrali ispirate al sacro e alla spiritualità nelle chiese del Friuli occidentale della Diocesi di Concordia-Pordenone: con 8 spettacoli gratuiti durante il periodo natalizio al via l’edizione 2018-2019 de “I Teatri dell’anima”, festival nato per riflettere sul mondo che è stato, che sta cambiando e che sarà, analizzando etica, storia e religione.
Dopo i primi spettacoli proposti a Provesano e Valvasone, si prosegue con la prima tappa a Pordenone il 12 dicembre alle 20.45 nella Chiesa del Cristo (piazzetta Peschiera in centro storico) con Questo è il mio nome, uno spettacolo portato in scena dai richiedenti asilo e rifugiati del progetto Sprar di Reggio Emilia provenienti da Mali, Gambia, Costa d’Avorio e Nigeria (compagnia Teatro dell’Orsa). Anche grazie al teatro, ciascuno di loro ha studiato, si è integrato nella lingua, nel lavoro e nelle amicizie qui in Italia, proseguendo a operare a teatro in una veste di lavoro professionale.
Si proseguirà poi il 16 dicembre con un omaggio musicale alla figura del beato e missionario in Oriente Odorico da Pordenone, che fu missionario in Cina pochi anni dopo la visita di Marco Polo, nonché nella millenaria Abbazia di Santa Maria in Sylvis a Sesto al Reghena. I Teatri dell’Anima si concluderà poi il 4 gennaio con uno spettacolo dedicato al Caravaggio al Museo Diocesano Arte Sacra di Concordia-Pordenone, partner dell’iniziativa, le cui sale per la prima volta in assoluto si apriranno al teatro.
Il tutto in maniera gratuita, grazie all’organizzazione di EtaBeta Teatro in collaborazione con I Teatri Del Sacro, Scuola Sperimentale dell’Attore, Museo Diocesano d’Arte Sacra, Associazione Teatrale Friulana, Uilt FVG e con il sostegno di Regione Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli e Comune di Pordenone nonché la collaborazione delle varie Parrocchie e Comuni toccati dal festival.
QUESTO È IL MIO NOME
«Viviamo un tempo buio, di sguardi torvi, di sospetti che accendono paura, di chiusure, di perdita di umanità. Non ci salveranno i fili spinati, per tessere futuro occorre un filo nuovo, limpido, che intreccia ascolto e memoria, che porta al riconoscimento dell’altro come risorsa e non come fardello. Il teatro è una zattera di senso, porta frammenti di noi dal passato e dall’altrove, prova ad allenarci alla vita, nella complessità, nella fragilità di cui tutti siamo impastati. Il teatro fa lo sgambetto ai pregiudizi, alla propaganda, alle parole urlate e con un soffio ci mette davanti alla verità nuda. Ogni vita è una vita e ogni vita vale»: Monica Morini, ideatrice e regista, introduce così Questo è il mio nome, spettacolo del Teatro dell’Orsa con attori rifugiati che mercoledì 12 dicembre alle ore 20.45 sarà in scena alla Chiesa del Cristo di Pordenone nell’ambito del Festival I Teatri dell’Anima.
«Questo gruppo è nato nel 2015» racconta Bernardino Bonzani, che insieme a Monica Morini ha firmato ideazione e regia «I nostri attori, insieme a molti altri che frequentavano il laboratorio, erano arrivati da poco e si trovavano nella condizione di “richiedenti asilo”. Allora la memoria degli sbarchi, del grande viaggio dai paesi in guerra attraverso il deserto, l’inferno della Libia e poi le carrette del mare erano ferite aperte».
«“Voi siete felici?” è la prima domanda rivolta al pubblico» spiega Annamaria Gozzi, collaboratrice alla drammaturgia di Questo è il mio nome «E dalla parola, felicità, parte la trama dei racconti. I cinque attori sul palco non danno voce solo alle loro storie, sono portatori narranti di migliaia di altri giovani rifugiati, anche di chi non ha mai toccato il suolo d’Europa. Momenti felici, memorie e canti d’infanzia, amori, paure, sogni di futuro, tutto questo da agganciare a una nuova lingua. Da Mali, Gambia, Costa d’Avorio e Nigeria sul palco si srotolano le orme di Odissei in viaggio».
Questo è il mio nome è da circa tre anni in tour in tutta Italia. Ha ricevuto, tra l’altro, il Premio del Pubblico al Festival di Resistenza, Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria a Gattatico (RE), è stato selezionato al Festival I Teatri del Sacro 2017 e ha ottenuto l’attenzione di numerosi media nazionali: «Uno spettacolo è vivo se continua a evolversi, ad arricchirsi. Per Questo è il mio nome a ogni rappresentazione modifichiamo battute, proviamo a costruire nuove scene» aggiunge Bernardino Bonzani «Questo accade grazie ai cinque attori che hanno scelto di continuare l’esperienza teatrale inizialmente vissuta come richiedenti asilo. Lo fanno oggi in una veste di lavoro professionale in teatro. Dopo ormai più di quattro anni di vita in Italia, ciascuno di loro ha studiato, si è integrato nella lingua, nel lavoro e nelle amicizie».
Conclude Monica Morini: «Sono stati migliaia gli spettatori toccati dall’autenticità di questi racconti, che abbracciano la vita nella profondità e nella leggerezza. Un’avventura necessaria, in un tempo di muri e pregiudizi, che ha toccato i teatri all’italiana, i Festival, le piazze e le scuole. Dalla Sardegna al Piemonte, dalle Marche al Trentino. E che ancora continua a camminare».
Questo è il mio nome vede in scena gli attori rifugiati del progetto Sprar di Reggio Emilia gestito dalla cooperativa sociale Dimora d’Abramo Ogochukwu Aninye, Djibril Cheickna Dembélé, Ousmane Coulibaly, Ezekiel Ebhodaghe e Lamin Singhateh.
Al termine dello spettacolo, il pubblico potrà dialogare con attori e registi.
GLI ALTRI SPETTACOLI
Si proseguirà poi il 16 dicembre nella Chiesa di Villanova di Pordenone alle 17 con “Sulle corde del viaggio” concerto d’arpe ispirato a Odorico da Pordenone, beato pordenonese che fu missionario in Cina pochi anni dopo la visita di Marco Polo (Les Fils Rouges); il 27 dicembre alle 20.45 nella sala dell’ex asilo di Lestans, “Une di une gnot”, produzione dall’Associazione Teatrale in una serata speciale dedicata alla marilenghe; il 30 dicembre di nuovo nel Duomo di Valvasone alle 17 “Leila della tempesta” (Casavuota): il 3 gennaio nella Abbazia di Sesto al Reghena alle 20.45 “Un cristiano” (Casavuota – Alessandro Berti). Infine il 4 gennaio al Museo diocesano Arte Sacra Pordenone alle 20.45 “Per grazia ricevuta” di Teatri35 – Napoli dedicato al Caravaggio.
EVENTI COLLATERALI
In più previsto anche un interessante programma collaterale. Dopo gli spettacoli attimi di confronto con gli spettatori.
Il 17 dicembre alle 20.45 nella Sala della Società Filologica Friulana a Udine ci si scambierà gli Auguri di Natale con anche una tavola rotonda con gli operatori del teatro friulano su “Sacro e interreligioso: opere, produzioni ed esperienze teatrali in Friuli Venezia Giulia”.
Il 30 dicembre al caffè Municipio a Pordenone alle 11 “Clown in chiesa, un nuovo linguaggio per la fede”: incontro con Gisela Matthiae, pastore clown proveniente da Gelnhausen (Germania). Il 4 gennaio 2019 in luogo e orario da definire Incontro con Francesco Giraldo, Teatri del Sacro – ACEC.
DICHIARAZIONI
“Anche quest’anno – ha spiegato il direttore artistico del festival Andrea Chiappori – vogliamo proporre momenti d’incontro tra teatro, spiritualità e luoghi sacri, dando un nuovo respiro comune tra religioni, storia e drammaturgia. Il teatro è confronto civile tra temi anche molto importanti, come lo sono sempre stati i luoghi sacri, che sacri non sono solo per la presenza di un divino, ma perché spesso custodiscono parti della storia dell’uomo e delle sue inquietudini come dei suoi grandi momenti di stupore. E la testimonianza di questo è insita nei luoghi e nelle opere che pulsano di storia, di umano, di bellezza, di talento e di perfezione. Questa è la meraviglia dei luoghi che esprimono un mistero attraverso l’opera dell’uomo, l’arte e l’architettura che solo la fede riesce a rendere così alte. Muoversi tra chiese, abbazie, antichi organi, affreschi è nutrimento dell’anima, a qualunque fede sia votata. La fedi si incontrano davanti alle immagini di Dio sulla terra, siano esse meraviglie della natura o dell’uomo.
In questa cornice abbiamo inserito spettacoli che portino testimonianza della fede parlando dei personaggi che si raccontano o che rappresentano e che fanno vivere. La fede è forse qualcosa di irrinunciabile”.
“Luoghi che parleranno alle persone anche grazie al teatro – ha concluso Chiappori – come abbiamo potuto felicemente constatare nell’anteprima, sorta di spettacolo numero zero del festival, lo scorso settembre alle grotte di Pradis a Clauzetto, dove abbiamo portato in scena il Magnificat della poetessa milanese Alda Merini nell’allestimento della compagnia Teatro de Gli Incamminati – deSidera Teatro con Arianna Scommegna e Giulia Bertasi alla fisarmonica. Un’opera molto apprezzata dal pubblico che constestualmente ha potuto pure visitare le grotte”.