Evasione fiscale, un male friulano
Quello dell’evasione fiscale è da sempre uno dei problemi sistemici dell’Italia; cambiano i Governi e si susseguono i proclami “anti furbetti” da parte di Ministri e Autorità ma la situazione, si sa, è fortemente radicata e difficile da cambiare.
Solo l’anno scorso sono stati evasi al fisco qualcosa come 270 miliardi di Euro (rapporto Eurispes 2016), cifra monstre tra le più alte dell’Eurozona e, da sola, pari ad oltre il 20% dell’evasione fiscale complessiva nei 28 Paesi dell’Unione Europea, calcolata in circa 1000 miliardi annui. l’Italia conquista la maglia nera anche in fatto di economia sommersa nel mercato del lavoro, con un rapporto fra nero e PIL che sfiora il 27%, il più alto fra i Paesi dell’Unione. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia la regione si colloca fra quelle con un tasso di evasione medio – basso, mentre il rapporto 2016 delle Fiamme Gialle regionali parla di imponibili per un totale di 417 milioni di Euro ed oltre 40 milioni di IVA evasa.
Negli anni si è fatto un gran parlare delle possibili soluzioni, concentrandosi soprattutto sulla necessità di rendere tracciabili le transazioni. In questa direzione andava il tetto ai pagamenti in contanti imposto dal Governo Monti, tema caro anche all’ex premier Matteo Renzi, forte sostenitore della moneta elettronica. Forma di pagamento, quest’ultima, che in Italia fatica ancora a decollare. Mentre negli Stati Uniti cominciano a prendere piede nuove forme di pagamento contactless via smartphone come Apple Pay, il nostro Paese rimane al 23° posto per diffusione delle carte, con sole 1,61 tessere per abitante.
Ancora più preoccupante la situazione in Regione, con l’uso di questa forma di pagamento che si ferma allo 0,93% del totale, dato che pone il FVG al 19° posto in Italia, davanti alla sola Basilicata. In questa classifica la regione più virtuosa risulta essere la Lombardia in cui i pagamenti elettronici raggiungono il 22,7% del totale.
Un esempio sull’utilità delle carte di credito per combattere l’evasione fiscale viene dalla Corea del Sud. A fine anni ’90 il paese asiatico ha attraversato un periodo di forte contrazione dell’economia, con un conseguente aumento di evasione fiscale ed occultamento di capitali. Per contrastare tali fenomeni nel 2001 sono state approvate una serie di norme volte a incentivare i pagamenti elettronici e persino limitare l’uso del contante anche per piccole somme. Nello specifico per i consumatori vengono previste forme di sgravio fiscale sui pagamenti eseguiti con carte di credito o di debito, con una detrazione massima di 5 milioni di Won (circa 3200 €) o pari al 20% del reddito annuo, a seconda della fascia di reddito. Per i commercianti è stata prevista una detrazione fiscale del 2% per ogni transazione eseguita con carta, essi devono inoltre presentare al fisco una relazione annuale sui pagamenti ricevuti con le carte, e sulla base di questi dati è stato elaborato un modello statistico che ha portato ad accertamenti per tutti i venditori che si discostavano dalla media d’uso degli incassi derivanti da pagamenti elettronici. L’Agenzia delle Entrate ha inoltre imposto l’uso delle carte per tutte le spese T&E (travel & entertainment, ovvero le spese di viaggio e rappresentanza) superiori ai 50 mila Won (circa 31€). E’ stata infine introdotta una lotteria nazionale legata ad appositi codici presenti su scontrini e ricevute fiscali, che una volta inseriti nel sistema elettronico possono essere estratti e portare a premi in denaro, in questo modo i consumatori sono stimolati a richiedere sempre la ricevuta agli esercenti. Tutte queste misure hanno portato a ridurre il tasso di evasione fiscale dal 20% di fine anni ’90 all’attuale 3,7%.
A seguito del dafault verificatosi nel 2002, anche in Argentina sono state prese misure atte a favorire i pagamenti con il “denaro di plastica”, in questo caso prevedendo per i consumatori rimborsi IVA fra il 3% ed il 5% per tutti i pagamenti effettuati con il POS.
E’ bene tuttavia notare che politiche come quelle adottate dalla Repubblica di Corea presentano anche aspetti negativi. In primis la stessa Corea, pur avendo ridotto notevolmente il tasso di evasione fiscale, mantiene tuttora problemi riguardanti la corruzione di alcuni funzionari pubblici, ed un computo totale dell’economia sommersa che secondo le ultime stime eccederebbe del 4% rispetto alla media dei paesi OCSE. Applicare inoltre misure fiscali simili a quelle coreane ad un paese come l’Italia, appena uscito da una fase di recessione, e in cui i consumatori sono ancora deboli, rischierebbe di comprimere ancora di più i consumi, limitando la spinta delle piccole imprese e indirizzando il paese verso una nuova fase di deflazione.
La situazione è quindi complessa, ma per quanto difficile è necessario trovare una soluzione che aiuti il Paese a ripartire. La soluzione presentata dalla Corea, pur con i suoi limiti, indica la giusta direzione, non resta che percorrerla per trarne i benefici.