Tumori e cellulari: la verità da sapere
Verdetto storico quello emesso la scorsa settimana dal tribunale di Ivrea, la sentenza del giudice Luca Fadda riconosce “il legame causale tra un tumore al cervello e l’uso del telefono cellulare”. Per la prima volta un tribunale italiano riconosce in primo grado la causa oncogena nelle radiazioni elettromagnetiche emesse dai telefonini. L’INAIL viene dunque condannata a pagare una rendita perpetua di 500 € al mese per il danno subito ad un ex dipendente Telecom, ammalatosi di cancro per aver utilizzato il cellulare per oltre 3 ore al giorno per 15 anni.
Come prevedibile tale sentenza ha scatenato un vespaio di polemiche e di reazioni contrastanti. Sui media proliferano titoli sensazionalistici, i giornali sbattono in prima pagina l’equazione “cellulare uguale tumore” mentre gli utenti si domandano se i cellulari facciano effettivamente male e si preoccupano per l’uso che ne hanno fatto fino ad ora.
Accolgono con grande favore la sentenza le associazioni da anni impegnate nella sensibilizzazione sull’uso dei cellulari, in una nota il consulente Angelo Levis dell’università di Padova fa sapere che: “Sulla base dei criteri elencati nel preambolo delle monografie della Iarc ( nota: Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), le emissioni a Rf/Mo ( nota: radiazioni elettromagnetiche con frequenza <50 GHz, come quelle emesse dai cellulari) dei telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l’uomo”. Gli studi citati nella nota sono quelli, ormai famosi, di Lennart Hardell docente del dipartimento di oncologia dell’università di Orebro in Svezia. Sempre secondo Levis: “non vi sono dubbi sull’esistenza di un rapporto causa-effetto tra esposizione abituale e per lungo tempo ai telefoni mobili e rischio – almeno raddoppiato e statisticamente significativo al 95% di probabilità – di tumori ipsilaterali alla testa: gliomi cerebrali, meningiomi e neurinomi acustici”.
Totalmente differente è invece la posizione espressa in merito alla vicenda da parte dell’AOOI (Associazione Otorinolaringologi Ospedalieri Italiani) che in un comunicato ufficiale a firma del Presidente Dott. Giovanni Danesi cita: “L’AOOI manifesta sconcerto e preoccupazione per la recente sentenza del Tribunale di Ivrea …” e “… contesta totalmente le conclusioni della CTU ( nota: consulenza tecnica d’ufficio) e contesta l’operato degli specialisti referenti della CTU stessa non essendovi ad oggi studi epidemiologici e studi in doppio cieco randomizzato che dimostrino alcuna correlazione possibile tra l’uso del telefono cellulare e l’insorgenza del neurinoma del nervo acustico. Questa sentenza rappresenta un precedente pericoloso e lesivo della comunità scientifica e getta discredito sulla comunità degli specialisti ORL che si sarebbe resa protagonista e responsabile di una mancata azione di prevenzione, nel caso esistesse, peraltro mancante di prove di efficacia”.
In attesa delle motivazioni della sentenza, è interessante notare come lo studio citato dai fautori della pericolosità delle radiazioni elettromagnetiche emesse dai telefoni cellulari sia quello reso pubblico nel 2011 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che classifica le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti nella categoria 2B (ovvero con evidenze cancerogene incerte su animali da laboratorio) insieme a carbone coke, miscela olio – benzina, il diserbante DDT, e l’E320, un antiossidante utilizzato come additivo alimentare.
E’ dunque importante sottolineare come, ad oggi, non vi siano evidenze certe sulla pericolosità delle radiazioni non ionizzanti, ne tantomeno alcuna prova scientifica sulla correlazione fra l’uso del telefono cellulare e l’insorgenza di neoplasie. Demonizzare il cellulare appare del tutto ingiustificato, visto che ogni elettrodomestico o apparecchio elettrico presente nelle nostre case emette radiazioni elettromagnetiche, spesso anche in quantità superiori rispetto a quelle dei telefoni. Come appurato da uno studio dell’ARPA della Regione Lombardia svolto in collaborazione con l’università di Pavia, una semplice lampada da tavolo può emettere un campo magnetico di intensità otto volte superiore rispetto a quello di un televisore di ultima generazione, valori che salgono fino a quaranta volte di più se consideriamo un asciugacapelli o un rasoio elettrico, apparecchi usati quotidianamente a breve distanza o a contatto col viso.
Sarebbe bene adottare un approccio prudente, evitare i sensazionalismi ed i facili allarmismi ed invece avvicinarsi in maniera consapevole alla questione. Gli stessi produttori dei cellulari suggeriscono di evitare il contatto prolungato fra l’apparecchio ed il corpo in fase di chiamata, raccomandando una distanza di circa 2 cm dall’orecchio. Soluzione ancora migliore è quella di utilizzare per le chiamate un auricolare wireless o a filo, o più semplicemente il vivavoce del telefono o quelle sempre più spesso integrato direttamente in auto. (DG)