38% degli operatori sanitari si sentono poco sicuri
La parola al dottor Cortese: “Se il sistema non funziona, il medico diventa il bersaglio per scaricare la rabbia”
Il 50 per cento dei medici intervistati ha subito aggressioni verbali e il 4 per cento è stato vittima di violenza fisica. Un fenomeno che sta diventando sempre più una vera emergenza della sanità pubblica, tanto da stimolare l’intervento del Governo che, ad agosto, ha presentato un disegno di legge per arginarlo. I dati, frutto di un’indagine condotta dalla Federazione degli Ordini, rispecchiano la situazione anche sul nostro territorio.
Più del 56 per cento di chi ha subito violenza ritiene che l’aggressione potesse essere prevista, anche se il 78 per cento degli intervistati non sa se esistano o meno procedure aziendali per prevenire o gestire gli atti di violenza, fa sapere il medico Vito Cortese, protagonista della formazione professionale e medico al Policlinico Città di Udine.
Oltre il 38 per cento degli operatori sanitari si sente poco o per nulla al sicuro e più del 46 per cento dichiara di sentirsi abbastanza o molto preoccupato di subire aggressioni. Il dato allarmante, per il medico Cortese, è una sorta di rassegnazione dei medici: il 48 per cento delle vittime di un’aggressione verbale la ritiene un evento abituale e il 12 per cento inevitabile, quasi fosse un rischio professionale, e queste percentuali cambiano poco anche in chi ha subito un’aggressione fisica (42% e 16%). “Alla base di questo fenomeno, oltre alla crisi istituzionale che alcuni ruoli stanno attraversando, possiamo riconoscere una mutata relazione medico-paziente, caratterizzata sempre più dalla mancanza di tempo, scarsità di risorse, intensità delle emozioni vissute, informazioni divulgate via rete e non sempre corrette, strutture organizzative e di cura percepite frequentemente come insufficienti o poco umanizzanti”, dichiara il dottor Cortese, specialista in Anestesia e Rianimazione.
Nel mirino finisce l’aziendalizzazione del sistema sanitario che “ha trasformato i medici in tecnici, le prestazioni sanitarie in merci, i pazienti in utenti/consumatori: tutto questo ha portato a una frattura nel delicato rapporto fra medico e paziente minandone l’alleanza, il rapporto fiduciario alla base del contratto tra i due attori della relazione di cura. I medici “diventano così il bersaglio su cui scaricare la rabbia per ogni vero o presunto malfunzionamento del sistema”.
Un ruolo centrale viene assegnato alla formazione professionale che può essere la strategia più utile per aumentare le competenze degli operatori, migliorando il modo di reagire agli eventi aggressivi, fornendo tecniche di prevenzione e di eventuale autodifesa, permettendo di evitare l’innescarsi del ciclo di escalation dell’aggressività.