Aggressioni, molti medici hanno paura di denunciare
Appello alle Aziende e alle Direzioni: “I medici devono sentirsi tutelati”
Molti medici hanno paura di denunciare di aver subito aggressioni verbali e, alle volte, anche fisiche. Un medico su due ha subito almeno un episodio di violenza durante lo svolgimento del
servizio di continuità assistenziale. Certo, ci sono situazioni predisponenti a questi rischi: dalla lunghezza dei tempi di attesa nei pronto soccorso alle situazioni di carenza del personale. La violenza si manifesterebbe di più nei presidi territoriali di emergenza o assistenza isolati, o dove è scarsa l’illuminazione e infine se e dove il personale medico-sanitario non è adeguatamente formato a riconoscere e arginare l’aggressività. L’Ordine dei Medici di Udine, proprio alla luce della recrudescenza del fenomeno, ha voluto organizzare un secondo corso, in programma il 10 maggio nella sede udinese dell’Ordine, dal titolo “Aggressioni sul posto di lavoro: come riconoscerle per prevenirle” con tanto di simulazioni di situazioni a rischio, giochi di ruolo e consigli pratici.
“Da tempo abbiamo avviato un percorso per mettere al riparo i medici di fronte a un paradosso impensabile: aggredire chi ti cura e si prende carico di te o di un tuo familiare”, dichiara il Presidente dell’Ordine dei Medici, Maurizio Rocco. Purtroppo il rapporto medico-paziente si è deteriorato, spesso manca il tempo necessario da dedicare alla comunicazione e alla relazione con il paziente, è vero, si registra l’eccesso burocratico sì, ma molte volte i medici e i sanitari in quanto tali vengono presi di mira senza una giustificazione. Chi aggredisce un medico, aggredisce se stesso. Molte volte i medici non denunciano – fa sapere il medico Vito Cortese – protagonista della giornata di formazione, specialista in Anestesia e Rianimazione – un po’ perché temono ritorsioni sul posto di lavoro, un po’ perché credono di poter risolvere tutto con il buon senso, a volte sottovalutando, un po’ perché ritengono che si tratti di rischi connessi al mestiere…”. Sui motivi che spingono i medici a non sporgere denuncia è intervenuta anche la Federazione nazionale degli Ordini definendo il fenomeno una “carneficina silenziosa” perché “spesso rimane nascosta per vergogna, per pudore di un denuncia che scoperchierebbe situazioni di inadeguatezza o perché quasi messa in conto come componente del rischio professionale”.
Negli ultimi anni anche in Friuli si registra un’escalation di insofferenza da parte della popolazione, in particolare nei confronti dei Medici di Continuità assistenziale, di Pronto soccorso e dell’emergenza-urgenza territoriale. “Il cittadino che usa violenza contro il medico esercita violenza contro il Sistema salute e quindi contro il proprio interesse e il proprio benessere. Il nostro impegno come Ordine dei medici è quello di tutelare lo svolgimento della professione e l’incolumità dei sanitari”, rimarca il Presidente Rocco.
C’è chi si è dotato degli alpini che vigilano, chi di sicurezza privata, ad ogni modo, è fondamentale che le Aziende sanitarie – questo l’appello – si attivino sia per monitorare le aggressioni sia per mettere in campo soluzioni di contrasto per la salvaguardia del personale sanitario. Sulla carta gli strumenti ci sono, ma devono ancora vedere un’applicazione concreta.
La giornata del 10 maggio ha un obiettivo preciso: dotare i medici di misure che consentano l’eliminazione o la riduzione delle condizioni di rischio presenti e di far loro acquisire competenze mirate con cui gestire le crisi che potrebbero rappresentare campanelli d’allarme sfocianti poi in aggressioni verbali e fisiche.
Intanto, i medici si formano e c’è chi si rivolge anche ai corsi di autodifesa personale.