I numeri dell’immigrazione in Friuli Venezia Giulia
Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, in Regione sono attualmente ospitate 4703 persone, fra richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale.
Tuttavia la distribuzione dei migranti fra i vari Comuni risulta disomogenea, infatti ben 116 Comuni sui 216 presenti in Regione non ospitano alcun richiedente asilo, mentre alcune comunità impegnate nell’accoglienza, soprattutto le più piccole, fanno registrare percentuali fuori norma. Esemplare in tal senso il caso del Comune di Resiutta, che ospita 40 migranti a fronte di soli 290 abitanti censiti.
Queste sproporzioni creano tensioni e inevitabili polemiche, ma non sono l’unica fonte di criticità, infatti a suscitare più di un malumore sono state anche le modalità dell’accoglienza.
Come vengono ospitati i migranti?
Le linee guida del Ministero dell’Interno individuano tre categorie di strutture adatte ad accogliere i richiedenti asilo.
– Le strutture temporanee (C.A.S. centri di accoglienza straordinaria): individuate dalle Prefetture per disporre l’accoglienza dei richiedenti asilo ove non vi sia disponibilità nei Centri di prima accoglienza e nelle strutture SPRAR. L’accoglienza dovrebbe durare il tempo necessario al trasferimento del richiedente nello SPRAR. Possono essere appartamenti, alberghi, strutture collettive ecc.
– I centri di prima accoglienza (C.A.R.A. Centri di accoglienza per richiedenti asilo): hanno la funzione di ospitare i richiedenti asilo per il tempo necessario alla definizione della loro posizione giuridica, all’espletamento delle procedure di identificazione, all’avvio della procedura di asilo, alla verifica delle condizioni di salute e alla presenza di eventuali vulnerabilità. Il tempo di permanenza in tali strutture è quello strettamente necessario all’espletamento delle misure sopra riportate: può essere prolungato solo in assenza di posti disponibili nello Sprar.
– Gli “SPRAR” Sistema di Protezione per Rifugiati e Richiedenti asilo: è la rete degli Enti locali che accedono al Fond
o nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo per la realizzazione dei progetti di accoglienza integrata. Garantisce la “seconda accoglienza”. Dopo la formalizzazione della domanda di protezione internazionale, il richiedente che sia privo di adeguati mezzi di sussistenza per sé e per i propri familiari può essere accolto in un progetto del sistema SPRAR. La valutazione dei mezzi di sussistenza viene effettuata dalla Prefettura competente. L’accoglienza viene assicurata per la durata di tutta la procedura ed eventualmente, in caso di rigetto da parte della Commissione territoriale, sino alla decisione giurisdizionale.
Il sistema funziona?
In una lettera inviata ad inizio anno all’Associazione Nazionale Comuni Italiani, Mario Morcone, allora capo del dipartimento immigrazione del Ministero dell’Interno, sottolineava la necessità di reindirizzare al più presto i migranti presso le strutture del
la cosiddetta “seconda accoglienza”, invocando in tal senso una maggior collaborazione da parte degli enti locali e ricordando il carattere temporaneo ed emergenziale di strutture quali CAS e CARA.
Analizzando i dati dell’ultimo dossier regionale appare invece evidente come, in fatto di accoglienza, la parte del leone venga fatta proprio da queste ultime, che ospitano oltre il 90% dei richiedenti asilo presenti in Friuli Venezia Giulia. La soluzione prospettata dal Ministero e studiata per ridistribuire l’afflusso di migranti si scontra dunque con le realtà territoriali, con i Sindaci che lamentano l’impossibilità di far fronte ad una situazione tanto problematica con la scarsità di mezzi a loro disposizione.
Tale situazione di criticità riguarda tutti i Comuni, dai più piccoli fino ai quattro capoluoghi presenti in Regione. Alla fine dello scorso mese di agosto l’incontro proposto dal neo Sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, con i colleghi Primi Cittadini di Udine, Pordenone e Trieste, ha portato alla firma di un documento condiviso, in cui i quattro amministratori chiedono al Ministro dell’Interno Minniti, uno snellimento delle pratiche burocratiche riguardanti l’identificazione e l’espulsione dei migranti irregolari. Un documento ‹‹privo di slogan›› come sottolineato dal Sindaco di Udine Furio Honsell, ma volto a semplificare la gestione del flusso migratorio, richiamando Stato e Regione ad un impegno più attivo.
Il rapporto fra Regione e Comuni è un fronte caldo anche per quanto riguarda l’attuazione dei protocolli sugli SPRAR. Come detto l’accoglienza localizzata è un concetto abbastanza astratto, al momento presente più sulla carta che non con una concreta attuazione sul territorio. Recentemente l’assessore regionale Gianni Torrenti aveva sostanzialmente scaricato sui Comuni la responsabilità di questa situazione, sottolineando la mancanza di risultati concreti per la corretta gestione dell’ “emergenza rifugiati”. Questo attacco non è piaciuto, e Mario Pezzetta, Presidente di ANCI FVG, ha replicato duramente, sottolineando le mancanze di Regione e prefetture, colpevoli, a suo dire, di aver abbandonato i Comuni, mancando nell’opera di comunicazione ed informazione, necessaria per la corretta applicazione degli accordi SPRAR.
Le implicazioni sociali
Certo è che un sistema così strutturato non è sostenibile, e non solo non risponde adeguatamente al problema in essere, ma rischia persino di crearne di nuovi. Un’alta concentrazione di migranti ospitati per lungo tempo in strutture “di fortuna”, può sovraccaricare le capacità ricettive di un territorio, che semplicemente non è in grado di soddisfare le esigenze sociali e lavorative di così tante persone. Si vanno dunque ad esasperare le tensioni latenti presenti nei cittadini, alimentando paura e diffidenza, creando così pericolose tensioni sociali.
Il già precedentemente citato Mario Morcone riconosce la potenziale pericolosità di tali assemblamenti, spiegando come, in tal senso, i principali problemi ‹‹derivano dalle dimensioni di centri che non consentono un percorso di integrazione e che m
arginalizzano d’altra parte una sorta di enclave etnica con numeri troppo alti di richiedenti asilo››.
Quello delle migrazioni verso l’Europa è un fenomeno che non può più essere considerato transitorio, è una realtà del nostro tempo, con cui cittadini e istituzioni sono chiamati a confrontarsi. In virtù di ciò è necessario cambiare l’approccio attualmente in uso per quanto riguarda la gestione dei richiedenti asilo, l’accoglienza non può essere considerata una necessità di emergenza, bensì va vista come situazione con cui confrontarsi in modo continuativo.
Il vero problema non risiede tanto nel numero complessivo di migranti presenti in FVG, bensì nell’approccio miope adottato fino a questo momento da parte della politica.
Integrazione e marginalizzazione sono i due concetti cardine su cui sarebbe necessario intervenire per migl
iorare un sistema evidentemente deficitario. Ai migranti presenti sul territorio andrebbero dati gli strumenti socio-culturali utili ad integrarsi con la cultura dei Paesi che li accolgono, poiché è un dovere di chi viene ospitato quello di rispettare regole, cultura, usanze e tradizioni, ma è compito di chi ospita spiegare questo processo e agevolare l’altro nella comprensione. Ghettizzare lo straniero, escludendolo dalla vita della comunità, non può che rivelarsi controproducente perché alimenta soltanto la disparità sociale, facendo il gioco di malintenzionati, criminali e di chi è pronto a sfruttare i più disperati.
Fondamentale in questo senso il percorso intrapreso dalla Regione, che intende garantire ai profughi corsi di lingua italiana e di formazione, in quanto è giusto adottare la tolleranza zero per chi ritiene di poter agire al di fuori della legalità, ma non si può condannare nessuno a priori.