Terremoto 76: nuove generazioni si ispirino a ricostruzione del Friuli
La ricostruzione è un modello lungimirante, che ha creato le condizioni per superare la marginalizzazione della nostra regione; un modello che era costituito da due pilastri: la Protezione civile da una parte, e dall’altra uno schema istituzionale forte, fatto di protagonisti autorevoli, capaci di assumersi responsabilità adottando regole, e ripristinando procedure senza timore: perché prima andavano risolti i problemi delle persone, poi veniva la carta bollata. Questa fu la vera forza di deroghe, commissariamento e pieni poteri, affidati dallo Stato al territorio colpito dalla tragedia. A Gemona, questa sera, all’imbrunire del 6 maggio, a 43 anni di distanza sono state ricordate dalla Regione le 1000 vittime del terremoto, ma anche i protagonisti della rinascita, in una delle località simbolo della ricostruzione e della ripresa dalle macerie del sisma: un’opera legata a un modello di sviluppo e di coesione, che ha reso l’esperienza del Friuli Venezia Giulia esemplare. Per la Regione, quella del 2019 è una ricorrenza molto particolare: come ha voluto ribadire il vicegovernatore e assessore alla Protezione civile, che ha preso parte all’intero programma della commemorazione del 6 maggio 1976 nel cuore di Gemona, dalla loggia del Municipio, alla Messa solenne nel Duomo ricostruito, coronata dal momento toccante segnato dai 400 rintocchi della campana all’ora del sisma, a ricordo degli altrettanti caduti della località pedemontana, alla cerimonia nel cimitero gemonese, è stato il primo 6 maggio senza l’onorevole Zamberletti. Fu il commissario straordinario del Friuli terremotato, ed è scomparso poche settimane fa: è stato il personaggio che diede il “La” al metodo e al coinvolgimento degli amministratori e della stessa popolazione nell’opera della Ricostruzione. Assieme a Zamberletti, che come ha aggiunto l’assessore regionale alle Finanze, è stato il Padre di quell’opera di rinascita che sarebbe divenuta il simbolo della nostra terra, sono stati ricordati l’assessore regionale alla Ricostruzione, Salvatore Varisco, il sindaco di Gemona, Ivano Benvenuti, il senatore Mario Toros, i presidenti della Regione, Adriano Biasutti e Antonio Comelli, e tanti altri. Occorre tenere viva la memoria di ciò che è stato “l’Orcolat”, come la gente ha soprannominato con timore il terremoto, e dei mille morti che ha provocato, per ringraziare chi si è adoperato per il successo della rinascita, non semplicemente per auto celebrare il risultato di un impegno corale, bensì per trasmettere ai cittadini, di oggi e di domani, lo spirito e la forza di una comunità che ha saputo, e sa guardare al futuro, con grande consapevolezza e fermezza. Il Commissario straordinario Zamberletti, com’è stato ricordato dal vicegovernatore, rappresentava infatti quella generazione che è stata protagonista della Ricostruzione, indicata da tutti come unica al mondo. E dalla tragedia del terremoto uscì una nuova consapevolezza: quella che il Friuli Venezia Giulia poteva trovare uno spazio nuovo, per una terra che dopo le ferite della storia, comprese quelle tremende di due conflitti bellici, poteva ritornare a essere il crocevia di una nuova Europa. Un luogo di incontro tra occidente e oriente, dando a queste due parole un significato molto più ampio di quello che veniva attribuito in precedenza. Ora c’è una nuova generazione che ha sulle spalle la responsabilità dell’oggi: si tratta di amministratori regionali e locali che pur non avendo potuto vivere direttamente i drammatici momenti del 6 maggio del 1976, sono attualmente impegnati a ricordare, e a declinare le decisioni di questo tempo, anche sulla base di quanto accadde subito il terremoto. Il tempo mette sulle spalle di queste generazioni compiti altrettanto difficili. Tra i quali una Protezione civile che si deve rinnovare, coinvolgendo forze giovani, innestando nell’esistente le generazioni di domani. Uno sforzo che deve coinvolgere il sistema scolastico, tenendo alto il valore di quella educazione civica che finalmente è stata reintrodotta nelle scuole. Come dev’essere tenuto alto il messaggio e l’insegnamento, forte e autorevole, di chi, allora, c’era: perché la loro esperienza sia codificata e fotografata, non soltanto per essere studiata rispetto a un passato da ricordare, ma quale indicazione per il futuro. Nelle parole della Regione, ha trovato spazio una citazione che il senatore Toros faceva sempre: senza la trasmissione del sapere dai nonni ai nipoti si rompe il filo della sapienza. E ancor di più oggi, in una società nella quale le esperienze personali spesso sono sostituite dalle nuove tecnologie, occorre scongiurare questo pericolo. Perché deve continuare a rimanere vivo l’insegnamento delle generazioni che hanno affrontato il terremoto, con l’obiettivo comune di rinverdire il grande esercito della solidarietà della Pc, e aumentare l’attività di prevenzione e sicurezza da garantire sul territorio, individuando nella nostra Università, nata sulla spinta della Ricostruzione, il luogo dove far crescere un rinnovato sapere per il domani. Un lavoro che, ispirato alla lezione di Don Sturzo sulla sussidiarietà, potrà essere utile all’intero Paese, in uno Stato ancora troppo centralizzato e arroccato su sé stesso per difendere pesi e contrappesi.