Ricomincia la scuola ma con tanti problemi
Settembre è il mese in cui ricomincia l’anno scolastico: gli studenti tornano sui banchi di scuola, mentre gli insegnanti si preparano ad affrontare nuovi programmi e nuovi alunni.
Ma qual è la situazione concreta del sistema scolastico in Regione?
Innanzitutto, bisogna fare i conti con il generale calo demografico, che coinvolge anche il Friuli Venezia Giulia: la provincia di Udine, che ha il maggior numero di alunni in regione, ha subito una riduzione rispetto agli anni precedenti. Ma, da almeno un paio di anni, la maggiore incisività del calo demografico ha colpito il settore dell’infanzia e la scuola primaria. Qui, soltanto nella provincia udinese, si parla di circa 2.000 alunni in meno nei giorni di scuola.
A fronte di un tale calo delle nascite, e quindi delle iscrizioni, non è conseguita una riduzione degli organici, cosa che ha sicuramente garantito una maggiore qualità didattica. Ma in questo settore si preannuncia comunque un anno di sofferenza a causa della mancanza di personale docente, soprattutto nella scuola primaria.
Con la legge della buona scuola, infatti, il governo Renzi aveva potenziato l’organico, ma non c’era stata una politica parallela di ampliamento dei posti di accesso al relativo percorso di studio universitario, ossia Scienze della Formazione Primaria. Si è creato così uno squilibrio tra la domanda e l’offerta, che quest’anno porterà a fare sempre più ricorso a docenti non solo oltre le graduatorie, ma anche a ragazzi non ancora abilitati per insegnare nella scuola primaria e dell’infanzia.
Oltre ai ragazzi che stanno ancora completando gli studi, quest’anno ci sarà ancora più richiesta di laureati in altre materie, e non nello specifico percorso abilitante per questo ambito dell’istruzione.
È forse questo l’elemento di maggiore sofferenza della scuola: ci sono più posti che docenti, e anche nelle superiori, dove ci sono delle classi di concorso (come lettere e materie scientifiche) in totale apnea. In questo caso, tra vari cambi di governo non c’è ancora un sistema di reclutamento definitivo del personale docente, visto che in questo momento manca il riferimento normativo sulla procedura abilitante. E la frequenza del ricorso alle supplenze, di per sé normale all’interno del sistema scolastico, ha però raggiunto una percentuale piuttosto elevata, che si aggira indicativamente tra il 15% e il 25% (con picchi di 35% in alcune zone periferiche della Regione). Di solito le supplenze, che comprendono tutti i docenti che non sono di ruolo, fanno riferimento alle tre fasce delle graduatorie, e soltanto in casi eccezionali si dovrebbe arrivare alle famose MAD, ossia le messe a disposizione. Si tratta però di scritture private, di cui il dirigente può tenere conto o meno data l’assenza di graduatorie.
Alle MAD si arriva quando anche la terza e ultima fascia della graduatoria è esaurita. Negli ultimi due anni, si è creato straordinariamente un buco di personale, per cui è stato necessario ricorrere con sempre maggiore frequenza alle messe a disposizione, non istituzionalizzate ma entrate comunque nella gestione ordinaria del sistema scolastico a causa delle forti carenze di organico. Anche nelle scuole superiori, quindi, il grande utilizzo di supplenze crea discontinuità sia ai docenti, sia agli allievi, e a questi ultimi in modo particolare.
La mancanza di personale, che contraddistingue l’intero Nord-Italia, è certamente legata al fatto che sempre meno giovani si avvicinano alla professione dell’insegnante, ma ci sono anche altri fattori da considerare, come l’assenza di soluzioni incentivanti rispetto alle aree geografiche dove è più forte la carenza di docenti.
Ma un altro grande problema che affligge le nostre scuole riguarda la mancanza di una figura professionale fondamentale per la gestione dell’amministrazione scolastica: si tratta dei Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (D. S. G. A.), che ora identificano i dirigenti della segreteria. Soltanto nel Friuli Venezia Giulia, sono oltre 30 le scuole in cui mancano completamente queste figure, necessarie per portare avanti una serie di operazioni sempre più numerose e complesse, dalla gestione delle assunzioni fino ai bilanci.
La situazione è certo complessa, e coinvolge vari aspetti del sistema dell’istruzione italiana, che nel corso degli anni ha subito una serie di tagli considerevoli.
Tra le varie soluzioni possibili, andrebbe considerata l’immissione in ruolo su tutti i posti disponibili, e di conseguenza la programmazione di concorsi che consenta di coprire nella loro interezza i buchi della docenza. Da considerare anche le norme sulla mobilità degli insegnanti, per garantire, assieme al diritto soggettivo di trasferimento, una maggiore continuità didattica, fondamentale soprattutto per gli studenti.
Ma il problema tocca anche la sfera sociale e culturale, in un contesto che vede un’intera categoria professionale declassata economicamente e poco riconosciuta da un’opinione pubblica che non riesce a vedere le difficoltà e l’impegno nelle aule scolastiche.
da IL PAîS gente della nostra terra edizione cartacea Settembre 2019
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