Giuliano se né andato lasciandoci 72 anni di fotografia
Giuliano Borghesan di Spilimbergo
Dovevo andare a trovarlo in settimana, giorni fa, purtroppo il nostro tempo è minato e imprevedibile come la sua morte. L’avevo sentito alcune settimane fa, annunciandogli che sarei passato a trovarlo perché era qualche mese che non ci si vedeva. Avrebbe voluto venire lui a trovarmi a Latisana l’anno scorso, ma poi la sua improvvisa malattia non gliel’ha più permesso, prima l’ospedale, poi la riabilitazione e poi l’uso del marchingegno a 4 rotelle che l’accompagnava da casa allo studio o per qualche piccola passeggiata per incontrare amici lì in centro Spilimbergo. Ormai si muoveva poco, mi disse nell’ultima telefonata, non andava più nemmeno in studio che dista cento metri, stava lavorando al suo ultimo libro, me lo disse più d’un anno e me lo faceva presente ad ogni incontro ogni qualche mese. Un nuovo libro sui bambini e forse si sentiva che doveva essere l’ultimo. Non so se sia riuscito a terminarlo, cioè, a definire la scelta delle fotografie che mi mostrava, le nuove selezionate. Doveva pescare in un archivio di circa 70’anni e lo faceva con una ricerca mentale prima, dopo andava a cercare negativi e positivi. Sì, tanti gli anni sella sua fotografia, ha iniziato a 13 anni nel 1947 ad assecondare suo fratello Gianni quando il padre Angelo morì. Allora studiava il violino e dovette smettere, come gli altri studi abituali.
Poi, dopo il servizio militare, nacque il lui la via del Marocco per amore, non tanto di quella terra quando per una bella ragazza, figlia di friulani che venne da lì in vacanza a Spilimbergo. Fu amore a prima vista, come mi raccontò e quando andò a trovarla, a Casablanca, non sapeva se si sarebbe fermato due settimane o più, successe che divennero 18 gli anni, una famiglia e due figli.
A Casablanca rilevò il Royal Studio, ovvero lo studio reale, lavorò per il turismo, la moda e il reportage di questo paese che stava emergendo, e tanti divennero i suoi libri e le sue mostre nel mondo e i sodalizi e le amicizie con i personaggi della politica, dell’arte e della moda in Marocco e a Parigi, gli diedero lustro e maggiore notorietà. Non parlo del gruppo di Nuova Fotografia e del Craf, di cui fu uno dei principali artefici, perché già fatto. Giuliano scrisse su di me, quando glielo chiesi per il mio nuovo libro: “Mi spiace aver conosciuto tardi questo fantastico fotografo col quale avrei combattuto mille battaglie da amanti della fotografia, quella con la ‘Effe’ maiuscola”. Grazie Giuliano e immagino che ora potrai finalmente suonare quel violino sospeso.
Vanni de’Conti