Tarcento Perla del Friuli: 92° Epifania friulana
Il fascino misterioso della dodicesima notte, quella dell’Epifania, ultima del periodo natalizio, ha da sempre avvinto ed incantato le genti d’Europa assieme a quelle del Mediterraneo e del vicino Oriente e a questa notte è legato il folclore nelle sue tradizioni ed espressioni più remote.Si dividono però queste in due distinti filoni :
uno chiassoso, burlesco e saturnale basato su una baldoria che è già carnevalesca; l’altro ritualistico, ieratico, a mezzo fra il magico ed il sacro che sa di antichissime liturgie e odora ancora di Avvento e di Natale.
I fuochi epifanici del Friuli, i Pignarui o i Palavins appartengono a questa seconda corrente, ma nella loro solenne semplicità risultano, a differenza di altre tradizioni natalizie dell’Europa centro-settentrionale, scevri “di diavoli goffi e di bizzarre streghe”, fedeli ad una ritualità trimillenaria che fu indubbiamente, ed anche profondamente, celtica, ma le cui origini si perdono ben oltre la notte dei tempi.
Ed i fuochi di questa antichissima tradizione epifanica si riaccenderanno a Tarcento anche quest’anno divampando con particolare letizia e solennità.
Tarcento non ha il monopolio dei “pignarui”, tradizione precristiana diffusissima un tempo e particolarmente cara ai Friulani , ma ha l’indubbio merito di averla coltivata e tesaurizzata durante questi gli anni, mentre stava sparendo e spegnendosi; di averla solennizzata e rivitalizzata ispirandone la rinascita in molti paesi e borgate del Friuli, sicchè oggi nella notte dell’Epifania, la campagna friulana sembra di nuovo un firmamento capovolto, come ai tempi di Ippolito Nievo, or sono cento e cinquant’anni, come ai tempi dei Longobardi, dei primi Romani e di chi prima di loro abitò queste contrade fra l’Adriatico e le Alpi.
Tarcento è pertanto, a buon diritto, una delle “capitali” , con Gemona e Cividale , dell’Epifania Friulana.
L’Associazione Pro Tarcento, fedele al suo compito di vestale del fuoco più caro al folclore del Friuli, cura nella manifestazione dell’Epifania Friulana a Tarcento in modo particolarissimo la “liturgia del fuoco”, recuperando a questo la centralità ed il posto di primo attore che gli compete: un impegno a privilegiare la tradizione più genuina , rivalutando e reinserendo nella festa alcuni dei più significativi temi dell’antico cerimoniale interpretati intelligentemente in chiave moderna.
L’Epifania vive una lunga , indovinata e intensa vigilia.
Al tramonto, nella giornata di domenica 5 gennaio i “pignarulârs”, gli uomini impegnati nell’allestimento delle cataste e delle pire, che si preoccuperanno anche dell’accensione dei falò sui monti, sui colli, nelle borgate, si troveranno sul palco della rievocazione storica per ricevere dal “Vecchio Venerando” il fuoco per l’accensione del pignarul epifanico , a ricordare che, anticamente, nella serata del 5 gennaio, dopo la benedizione dell’acqua santa, i ragazzi attingevano al braciere sulla porta della chiesa la fiamma del fuoco benedetto ed accompagnavano il “vecchio” della borgata a dar fuoco al “proprio” palavìn.
I Pignarulârs in folto corteo illumineranno le strade di Tarcento con la loro festosa fiaccolata a richiamare gli antichi cortei che dalle chiese si muovevano verso le cataste dei borghi e dei cortili , pronte per i falò – in Friuli ed in Carnia dopo l’acqua santa dell’Epifania; in Slovenia dopo la benedizione dell’acqua del Sabato Santo.
La fiaccolata si concluderà con la spettacolare corsa dei carri infuocati dove i rappresentanti delle varie borgate si cimenteranno nella conquista del “Palio dei Pignarulârs” lungo Viale Marinelli che, per l’occasione assumerà la funzione di un Circo Massimo.
L’impegnativa e rutilante giostra sarà preconio all’accensione del “Pignarûl” del pomeriggio dell’Epifania: sia a quello grande di Coja, sia di tutti gli altri che punteggeranno la conca della Perla del Friuli -così è chiamata Tarcento- e dell’intera regione.
Allora, sul far della sera del 6 gennaio, avvincendo la folla fin dal primo apparire, il corteo storico, ricco e fastoso, la trascinerà dietro di via in via, di piazza in piazza a ricordare antiche epifanie medievali; ci sarà il conte di Gorizia e Gerardo da Camino, parenti di Artico di Castello il Signore di Tarcento; e i Grossumbergo di Gemona ed i non troppo amichevoli Savorgnani, ed i Zuccola, i di Prampero ed i di Villalta con le loro dame e gli altri: un succedersi di nobili coppie con i loro seguiti, nei loro abbigliamenti trecenteschi, eppoi il Patriarca Raimondo della Torre e lui, Artico, detto Articone, il “riunificatore “ di Tarcento con la sua gentile Soladamor di Zuccola; la cerimonia dell’investitura lassù sulla gradinata grande, in fondo al viale fra le residenze che furono appunto dei “ di Castello–Frangipane”.
Riprenderà allora il “Vieli Venerando” Vecchio Venerando, figura simbolica di nonno e di narratore, stimolato dalla presenza dei bambini che lo circondano a raccontare un fatto storico, quello della solenne investitura feudale del nobile Artico di Castel Porpetto del riparto inferiore di Tarcento da parte del Reverendissimo Patriarca di Aquileia Raimondo della Torre. La cerimonia ebbe luogo effettivamente verso l’anno 1290. Sul finire del racconto il Vecchio Venerando chiuderà in “Libro della storia” e richiamerà alla memoria dei presenti la tradizione cristiana dei tre Magi d’oriente, rivivendo per un istante i momenti più belli della sua infanzia nel ricordo dei Natali e delle Epifanie. Riassumerà allora il Vecchio la sua antica funzione sacerdotale di capo-borgo, molto simile a quella del capofamiglia ebreo nella celebrazione della Pasqua e nel ricordo dell’Esodo; inviterà tutti a seguirlo lungo l’erta di Coja –fiaccole alla mano– per rinnovare gli antichi riti. Lassù, presso i ruderi del vecchio maniero dei Frangipane, donde l’occhio può allargare fino al mare, accenderà il grande falò, “il Pignarûl Grant”, sacerdote druidico d’un fuoco propiziatorio e, mentre festanti fanciulle e giovanotti e uomini e donne lanceranno le loro faci verso la vampa, il Vegliardo si farà Augure a profetare dal fumo l’andamento della nuova annata: “Se ‘l fum al và a sorêli jevât, cjape ‘l sac e vâ a marcjât” (Se il fumo volge ad oriente, al mercato col sacco andrai continuamente),
ma “Se ‘l fum al và a sorêli a mont, cjape ‘l sac e vâ pal mont” (Se il fumo piega al tramonto, emigra col tuo sacco per le vie del mondo).
Si accenderanno allora sui colli intorno gli altri fuochi dell’Epifania Friulana.
Un tempo, quando non c’erano timori di incendi, ma anzi si provocava ad arte la carbonizzazione delle stoppie, mentre il falò andava consumandosi, il Vecchio invitava la gente a lanciare le braci del Pignarul ai quattro punti cardinali, ballando e cantando: “Ca pan, ca vin, polente su lis boris..” (qui pane e qui vino, polenta sulle braci)” oppure “Ca pan, ca vin, ca cjanaipe par co si viestìn” (qui pane e qui vino e
qui canapa per vestirsi) od ancora “Ca lin, ca lane” (qui lino e qui lana), dove è
evidente la finalità propiziatoria del fuoco.
A Tarcento tale antico cerimoniale è sostituito dai fuochi artificiali, mentre in Carnia sopravvive nel lancio delle “cidulas”, rotelle infuocate, che tendono però più a propiziare amori, che la fertilità del suono.
Questi plurimillenari fuochi solstiziali d’inverno così cari ai Friulani da indurli spesso ad accenderli anche nei lontani paesi di emigrazione (in Argentina, in Canada,in Australia) hanno le stesse origini apotropaiche e propiziatorie dei fuochi di San Giovanni del mondo nordico e slavo, o dei fuochi pasquali ”Osternfeuer” del mondo germanico e della vicina Slovenia. E’ significativo che, con questi ultimi, i falò del Friuli siano stati, dopo la cristianizzazione, legati alle cerimonie della benedizione dell’acqua.
A nobilitare la tradizione, dal 1956, viene ad incastonarsi fra gli antichi riti, la sera del 4 gennaio, la cerimonia di Consegna del 65° Premio Epifania. E’ un premio austero, uno dei pochi o forse l’unico in Italia non dotato di compensi in denaro. E grazie al pubblico che –con la semplicità ruvida, ma schietta della nostra gente– Tarcento, a nome del Friuli tutto, esprime ai figli migliori della Piccola Patria.
Per tale semplicità è tanto più solenne, sentito, nostro, friulano.
Indetto dell’Associazione Pro Tarcento in collaborazione col Comune di Tarcento, il Premio, “si propone di dare pubblico riconoscimento alle persone che siano particolarmente distinte in ogni campo di attività in specie nell’ambiente ed a vantaggio del Friuli:
• nel campo della solidarietà umana;
• per aver operato in particolari condizioni di disagio nell’adempimento del proprio dovere;
• per essersi altamente distinti nel campo sociale, professionale, educativo;
• per attaccamento al dovere e fedeltà al lavoro;
• per genialità ed impegno nel campo della cultura, dell’arte, della musica, del teatro e del folklore;
• nel campo dell’assistenza e della beneficenza.
Nella Commissione presieduta dal Sindaco di Tarcento sono presenti un rappresentante della Regione F:V:G: il sindaco di Udine, in rappresentanza dei Sindaci del Friuli; Presidente della Società Filologica Friulana; Presidente dell’Ente Friuli nel Mondo; Rettore dell’Università degli Studi di Udine; Presidente della Fondazione Friuli, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, Direttore del Messaggero Veneto – Giornale del Friuli; Presidente Comitato Regionale F.V:G: dell’U:N:P:L:I e il Presidente della Pro Tarcento.
EPIFANIA IN FRIULI supplemento IL PAîS Gente della nostra terra Dicembre 2019 edizione cartacea (https://ita.calameo.com/read/00476972215fbb32481ce)