Peste suina: la filiera friulana teme uno shock
Le importazioni rappresentano il 44% del fabbisogno italiano di questa carne.
Quali possono essere le conseguenze sulle Dop e sulla spesa dei consumatori
Le notizie del recente sequestro a Padova di una partita di carne importata potenzialmente contaminata dalla peste suina stanno generando nell’intera filiera suinicola friulana un sentimento di forte preoccupazione. Prima che un’emergenza sanitaria, gli allevatori, macellatori e trasformatori di carne suina stanno affrontando una repentina altalena dei prezzi. Fenomeno, in verità, già da tempo avviato a causa dell’incremento mondiale del consumo di proteine animali e che la peste suina ha accentuato.
L’Italia registra attualmente un fabbisogno di carne suina pari a 2,7 milioni di tonnellate, di cui 1,5 milioni soddisfatte dagli allevamenti nazionali (rappresentano il 5% della produzione europea) e i restanti 1,2 milioni (pari al 44%) proveniente da importazione, soprattutto da altri Paesi europei con in prima fila Danimarca, Paesi Bassi e Spagna.
In tale contesto le filiere dei prodotti Dop e Igt rappresentano soltanto una piccolissima parte del volume lavorato: 200mila tonnellate all’anno pari a 7 per cento della produzione nazionale.
Eventuali provvedimenti restrittivi nel commercio di carne suina in conseguenza del proliferare dell’infezione, quindi, non porterà pesanti conseguenze alla produzione di salumi certificati come il prosciutto di San Daniele Dop, bensì gravi danni potrebbero derivare alla disponibilità di carne suina sia fresca sia di prodotti non certificati vista la forte dipendenza dalle importazioni. Il consumo medio europeo è attorno ai 70 kg per persona, mentre in Italia attorno ai 40 kg. Quindi la conseguente tensione sui prezzi potrebbe trasferirsi sia sui macellatori e trasformatori, che vedrebbero ridursi i propri margini, sia sui consumatori finali che vedrebbero un’impennata repentina del prezzo della salsiccia.